Eravamo bambini

Giancarlo Commare peppino Lucrezia Guidone margherita

Noir, coming of age movie, revenge movie, opera di indagine psicologica su dei trentenni disturbati di oggi… Un po’ tutte queste cose è il sorprendente film di Marco Martani. Anche se è la trasposizione sul grande schermo di un successo teatrale del 2005 di Massimiliano Bruno (che co-sceneggia col regista), è difficile non pensare ai plot prediletti dal grande Stephen King: un gruppo di bambini amici viene traumatizzato da un fatto di sangue e ne porta le tracce per tanti anni; fino a quando, ormai divenuti adulti, possono avere il loro risarcimento e la loro vendetta, riappropriandosi in qualche modo della loro esistenza. Suona familiare? Certo, è la trama di romanzi kinghiani come “It” o “Gli acchiappasogni”, giocati anch’essi su diversi piani temporali e con un carattere di coralità. Nel film, il personaggio di Cacasotto (memorabile la sua entrata in scena col coltellaccio in mano nell’incipit molto noir del film) rimanda pari pari al protagonista di “It”, unico anch’egli a rimanere nel paese mentre tutti gli amici se ne sono andati via, impegnato a “mantenere le posizioni” fino a quando potrà richiamare gli altri e vivere con loro il momento topico della verità, lo scontro finale col Male. Un male che non è soprannaturale come in King, ma molto concreto, incarnato nel potere e nella violenza umana. Non ci troviamo infatti nella classica “smalltown” persa in qualche punto dell’America profonda, come in King. Siamo in una Calabria del tutto italiana, in una cittadina dominata da un potente onorevole in odore di ndrangheta. Analoga però è la diaspora subita dagli amici, il cui trauma ha creato scompensi e disturbi. Gianluca è un poliziotto che va spesso fuori controllo; Walter è diventato una rockstar che scarica sul palcoscenico le proprie pulsioni distruttive divertendosi a giocare a Satana e che non sa gestire una figlia che vive come un peso insopportabile; Margherita, l’unica femmina del gruppo, ha rapporti sentimentali e sessuali disastrosi, e inoltre deve tenere a bada l’altro elemento del gruppo, il fratello Andrea, tossico perso. Sono questi gli amici che Cacasotto convoca di nuovo nel paesello, riformando una sacra alleanza per ottenere vendetta. Nella quale potrebbe forse avere un ruolo anche Peppino, il figlio del boss, destinato dal padre a succedergli nel controllo del territorio, ma piuttosto indeciso sul da farsi. C’è da dire che il film mostra un’apprezzabile volontà di descrivere le psicologie tormentate dei trentenni, le loro fragilità e nevrosi, il loro carattere borderline. In effetti, sotto la patina del noir o del film di vendetta, affiora piuttosto uno studio di comportamenti e di caratteri, di debolezze di personaggi che non riescono a fermarsi dal fare la cosa sbagliata e dal ripeterla. L’innocenza dell’infanzia per tutti loro è stata perduta da tanto tempo, ed è impossibile ritrovarla. Da questo punto di vista, è particolarmente interessante il personaggio di Margherita che, come purtroppo accade alle donne anche nella vita vera, è colei che deve farsi carico dei pesi degli altri, non solo dei propri. Un film dichiaratamente corale, che scandaglia una serie di vissuti tormentati e non offre facili vie di uscita o di fuga.

Alberto Morsiani